Teatro

Prima nazionale di 'Per abbreviare la mia sofferenza'

Prima nazionale di 'Per abbreviare la mia sofferenza'

Resta in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 24 febbraio 2008 lo spettacolo che debutta a San Valentino, giovedì 14. E' il quarto anniversario della morte di Marco Pantani e lo spettacolo che ci viene presentato è frutto di una collaborazione tra Domenico Ferrari, Alessandro Pozzetti, Marina Morellato e l'aiuto di Renato Sarti. La produzione è di Garabombo delle Risse, il regista è Domenico Ferrari e il protagonista è Alessandro Pozzetti, che ha gentilmente risposto ad alcune domande. Come vi è venuta l'idea di uno spettacolo su Marco Pantani? L'idea è venuta un anno e mezzo fa e ci siamo confrontati con Renato Storti che aveva già presentato qualcosa su di lui al Teatro della Cooperativa. Lui ci ha offerto parte dei suoi materiali e un occhio più esperto sulla regia. A noi la voglia è venuta dalla lettura di articoli su Pantani e in uno di questi abbiamo trovato la frase che riporta il titolo dello spettacolo. Perché 'Per abbreviare la mia sofferenza' fu la risposta data da Pantani al giornalista Mura che gli chiedeva perché andasse così forte in salita. Bella battuta! Vi ha ispirati? Ci siamo innamorati di questo testamento spirituale. Io non sono appassionista di ciclismo ma ho imparato ad amarlo, invece Domenico è ciclista e ha più amore per il grande mondo della bicicletta, amore per la natura, per la montagna. E per Pantani, che non è un eroe a tutto tondo, è spigoloso, ancora oggi passa con connotati duri, invece è davvero un eroe tragico. Da dove vengono le informazioni utilizzate per costruire il testo? Ci siamo affidati a fonti letterarie. Sono stati pubblicati diversi libri su Pantani e li abbiamo letti tutti, poi c'erano le interviste a vecchi amici suoi fatte da Renato Sarti durante le sue ricerche e sono tutte registrate. Abbiamo potuto recuperare materiali autentici e abbiamo ricostruito una parte importante della sua vita privata. Tu sul palcoscenico che ruolo hai, sei Pantani o uno che parla di lui? Io sono un po’ tutte e due. Parlo di Pantani e talvolta esce la voce in prima persona. Lo spettacolo si stacca dal teatro di narrazione e io vengo da questo genere, ho fatto già quattro monologhi. Un tempo al Giro d’Italia mandavano le grandi firme del giornalista e abbiamo scelto la narrazione più alta per cercare di creare l’epopea di un eroe, fragile e tragico. Ha sofferto tragedie fisiche ai tempi delle rovinose cadute e personali, poiché era estremamente sensibile ed ebbe storie d’amore tormentate, che lo hanno minato profondamente. Era tanto minato nel privato quanto fortissimo nello sport. Vulnerabile. Alla gente sfugge che la realtà sia questa. Si dice ‘Pantani drogato’ ma la verità è molto più complessa. Tu che sei tanto informato, credi che le notizie fossero gonfiate? Marco Pantani ha cominciato a lasciarsi andare 5 anni prima della morte, quanto ha cominciato a perdere e non ha avuto la forza di sopportare le accuse di doping, per le quali peraltro fu assolto in tutti i processi e in tutti i tribunali. Il presidente dell’associazione medici dott. Besnati rispose che prendeva un prodotto come tutti gli altri colleghi e non fu mai provato che ne facesse uso scorretto. Fu sospeso per 15 giorni e avrebbe potuto riprendere a correre, se avesse atteso con calma l'esito ufficiale. Ma fu strumentalizzato dai media come il grande eroe corrotto e forse la stampa di allora non aveva intuito la fragilità del personaggio e strobazzava sui media il sospetto che avesse sempre vinto grazie al doping. Questo bersagliamento lo ha mandato in pezzi e da questa onta non si è mai ripreso. Non ha sopportato di essere insultato e che abbiano messo in gioco tutta la sua carriera. Eppure lo spettacolo non è tristissimo, vero? C'è un aspetto gioioso? E’ uno spettacolo che si propone anche con una certa leggerezza: si dimentica che fosse un personaggio eccessivo, dallo spirito romagnolo, un po’ spaccone, sborone. Gli piaceva cantare, uscire, andare a donne e noi gli facciamo il verso, a questo carattere ridanciano. La sua vita non è stata solo una tragedia ma era un giovane piena di vita, con tante vittorie importanti, un’amore perso che lo ha segnato ma il raconto viaggia con toni assolutamente allegri. Soprattutto la prima parte, che racconta la sua vita di essere di Cesenativo e cosa significa essere romagnoli. Mi sembra che questa regione serva per portare in Italia gente strampalata, bevitori, tipi felliniani... è una terra di apparizioni. Molti hanno il pallino di arrivare prima, di arrivare in cima al mondo. Se facciamo quattro conti, è una regione che è in testa per davvero. Ci arriva il meglio della motoristica da questo pezzettino di terra, più la poesia, la canzone, lo sport e altro ancora.